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  • chiriattigiovanni6

"Perché lui si. Perché lui no" - Un'attitudine ipocrita tutta all'italiana.



Circa un paio di settimane fa si è commemorata la morte di Pierpaolo Pasolini. Inutile dire quanto sia stato importante a livello culturale la figura di quest’uomo e di fatto, su tale questione, siamo tutti d’accordo. Tuttavia c’è un qualcosa che mi sfugge. Anche Montanelli per quanto mi e ci riguarda, è stata una figura altrettanto importante all’interno della scena culturale del Belpaese – posso già vedere nella mia mente molte sopracciglia alzate e nasi storti - ma di fatto costui viene ricordato più per una sua questione privata alquanto ambigua e scabrosa che per la sua figura di intellettuale. Come mai? Lungi da me il desiderio di vertere su schieramenti politici anche perché, chi mi conosce, sa bene quanto io provi l’orticaria per la desinenza –ista, talvolta paradossalmente anche quando si tratta della parola: giornalista.

Perciò, anche se per l’epoca nella quale ci troviamo a molti di voi sto per chiedere troppo, cerchiamo di accantonare ideologie e simpatie e proviamo in qualche modo ad abbassar la guardia e a non indignarci in nome del "politicamente corretto". Azzardai giorni addietro ad esporre il medesimo quesito sui social e tra chi si trovava d’accordo con me e chi in disaccordo, non sono mancate critiche pesanti che mi dipingevano come un mostro per aver messo in dubbio l’integrità di Pasolini. Mi fu anche inoltrato un articolo nel quale si avvalorava la tesi che paragonare Montanelli col suddetto è assolutamente sbagliato, sottolineando quanto uno avesse preso parte alle campagne militari del ventennio e l’altro fosse omosessuale. Ma è stata proprio quest’ultima parola a farmi venire sul viso un’espressione perplessa, perché non era dell’omosessualità che si stava parlando, bensì del fatto che uno sposò una ragazzina africana di dodici anni dicendo che in Africa fosse una normale consuetudine, mentre l’altro tra il 1949 e il 1952 fu coinvolto in un processo che lo vide accusato di atti osceni e corruzione di minore e nel primo verbale che depositò il 17 ottobre del 1949 presso la Stazione dei Carabinieri di Casarsa, disse testuali parole: "Non posso e non voglio negare che le dichiarazioni fatte dai suddetti ragazzi rispondono in parte almeno esteriormente a verità. Del resto certi particolari mi sfuggono perché essendo sera di sagra e trovandomi in compagnia di amici avevo un po' ecceduto nel bere: è appunto da imputarmi all'euforia del vino e della festa l'aver voluta tentare questa esperienza erotica di carattere e di origine letteraria accentuata dalla recente lettura di un romanzo di argomento omosessuale di Gide. Del resto sulle ragioni letterarie e psicologiche che mi hanno spinto a questo e almeno in parte lo giustificano potrò più esaurientemente spiegarmi con coloro che eventualmente mi dovranno giudicare. Non ho altro da dire".

Che uno sia di orientamento omosessuale o eterosessuale credo abbia poca importanza in circostanze dove si parla di coinvolgimento di minori. Ma io non sono un giudice né tanto meno questo è un articolo che vuole mettere sotto processo. È l’ipocrisia tutta all’italiana che merita invece di esser messa alla forca. L’attudine di costume nostrana a crocifiggere alcuni personaggi e a proteggerne altri. La cattiva abitudine a difenderne alcuni dicendo che bisogna scindere l’uomo da ciò che ha fatto mentre per altri tale affermazione non vale. Diciamo la verità, Pasolini a differenza di Montanelli era comunista e omosessuale. Montanelli è la perfetta rappresentazione dell’uomo bianco, in totale accordo con le idee di governo dell’epoca, che prese parte al disegno colonialista e imperialista e utilizzò la sua forte figura per scopo personale e che parla della sua vicenda in una maniera naturale anche di fronte alle telecamere e ad una Elvira Banot agguerrita ma sempre pacata ed elegantissima che con un italiano forbito e tesi avvalorate riesce a metterlo all’angolo. Pasolini era dalla parte politica giusta di un’Italia che ancora, ovviamente, si porta dietro il fardello e la colpa della dittatura Mussoliniana ed era anche omosessuale, tema caldissimo da toccare oggi, ma che lo vede facente parte di una sorta di "categoria protetta" tanto da attaccare con le unghie e con i denti chi prova a mettere in dubbio la sua reputazione facendo oscurar loro la vista e la mente visto che è di altro che si parla e non si vuole assolutamente attaccare e colpire l’orientamento sessuale che è una cosa libera e strettamente personale verso la quale non si può che essere d’accordo. Viviamo in una società e in un’epoca che etichetta qualsiasi cosa o persona e quell’etichetta diventa ciò che sei e non ciò che fai, quando in realtà sono le azioni a determinare un uomo e non i gusti personali. Viviamo in un luogo intriso di ipocrisia e falsità che ha come scopo il superamento di barriere affinché ognuno venga visto come uguale al prossimo andando al di là delle proprie preferenze ma che, allo stesso tempo, riempie le biografie dei social di “she/her; he/him; io sono di destra, io di sinistra” e manda in malora molti sforzi fatti. Quella stessa gente che non vuole etichette si ritrova a darsene una come se fosse la marca di un prodotto di consumo e tutto ciò crea annebbiamento quando si tratta di esprimersi su un’azione che un individuo qualsiasi compie e si finisce per giudicare un colpevole, innocente, sol perché ha su di sé la stessa "marca" del prodotto del quale tu fai parte e vi trovate sullo stesso scaffale del supermercato della società. È davvero tutto ciò un bene? Stiamo davvero andando nella direzione dell’uguaglianza, oppure non stiamo facendo altro che accentuare le differenze, che vere differenze non sono, tra le parti che assomigliano sempre di più a fazioni e che compongono il mosaico sociale? Se la legge è uguale per tutti, perché alcuni meritano di essere giudicati più di altri? Chiaramente non mi riferisco in quanto tale alle vicende che coinvolgono Pasolini e Montanelli, loro sono stati solo la miccia che ha innescato il turbine di pensieri e domande e poi ci sono enti preposti che si occupano di questo tipo di situazioni.

A tutte queste domande ho dato a tutte la stessa risposta: abbiamo ancora molta, molta strada da fare; ma a malincuore ammetto che questa, più che una risposta, è una consapevolezza.

Il direttore: Giovanni Chiriatti

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