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  • chiriattigiovanni6

Netflix Italia e quel legale con mamma RAI



L'ultima mostruosità targata Netflix Italia, "Guida astrologica per cuori infranti", è solo uno dei tanti (ahimè) campanelli di allarme di come il colosso dello streaming abbia deciso di investire nel nostro paese, e credo che ciò meriti una riflessione su come Netflix veda il nostro modo di fare TV, e sul perché preferisca non rischiare troppo ma adagiarsi su una latente "italianità" molto spesso in linea con la fiction RAI o con i cine-panettoni di Vanziniana memoria. In Germania abbiamo avuto la sperimentalissima , anche se strutturalmente molto confusa, "Dark", e da noi il teen drama "Baby" o "Summertime" che nel loro tentativo di essere "Élite" si perdono in una sterile parodia de "I Liceali". In Spagna il caso più noto e mondiale è quello de "La Casa de Papel" , da noi abbiamo "Suburra" che non ha praticamente nulla del film madre perdendosi troppo in pseudo imitazioni di "Gomorra" e "Romanzo Criminale".


Sempre rimanendo in terra iberica abbiamo la loro versione di "Sex and the City" con "Valeria" , addirittura il belgio punta sul cinema di genere serializzato col suo sci-fi catastrofico "Into The Night";

la Netflix inglese ha da anni in produzione la mastodontica serie antologica sulla regina Elisabetta "The Crown", ha recuperato "Black Mirror" tra alti e bassi , cerca di innovare nel versante teen con "Sex Education". Noi abbiamo sullo stesso versante il perbenista “Zero” di Antonio Dikele Distefano, e non basta neppure da solo il seppur ottimo “Strappare lungo i bordi” per riabilitare una strategia seriale al quanto superficiale . Se ci spostiamo nel versante film non ci va meglio, anzi potremmo affermare tranquillamente che al peggio non c'è mai fine.


Purtroppo "Sulla mia Pelle" è un unicum rispetto a produzioni disastrose come "Lo Spietato", "Rimetti a noi i Nostri Debiti" o la Gerry Cala' New Generation "Sotto il Sole di Riccione". Il punto è il perché Netflix italia non riesca a smuoversi da stereotipi e modelli che la nostra TV generalista ha e continua ad avere, e perché preferisca osare in Germania o in paesi audiovisivamente più vicini a noi come la Spagna, piuttosto che dare carta bianca ad uno sceneggiatore italiano con produzione italiana. La scelta dell'ex Direttrice di RAI Fiction, Eleonora Andreatta, di approdare alla prima sede italiana a Roma di Netflix come Vice Presidente delle Serie originali italiane, risponde in grande parte al domandone che è alla base di questo articolo. Netflix da anni mira a prendere l'usato sicuro del grande pubblico delle famiglie di Rai Uno, nell'ottica della sua mutazione fortemente generalista e mainstream degli ultimi anni, cercando di creare un prodotto che possa essere di qualità e apparentemente distanziarsi dal termine "fiction" ma essendo completamente dentro l'italianita' rassicurante di mamma RAI. È come se volesse fare "L'Amica Geniale" non riuscendo però a slegarsi dall'impianto fiction di Lele Martini e Don Matteo. Perché se infatti è intuibile la strategia di Netflix di riprendere dinamiche teen con un linguaggio fortemente giovanile, a volte miscuglio di suoi cult di respiro internazionale per apparire ostinatamente contemporanea, è palese però come si cerchi di arrivare ad un linguaggio universale con scritture frettolose e una recitazione scadente, non facendo niente per distaccarsi dal tipico melodramma tanto caro al modello fiction Rai. La strategia produttiva Netflix nel nostro paese, quindi, è in gran parte colpa della cultura dello "sceneggiato famigliare" ormai radicato negli anni dalla tv pubblica, grazie al quale si è purtroppo operata una differenziazione terminologica ma soprattutto contenutistica tra "serie" e "fiction". Dando attuazione così ad una sorta di HBO europea fuori dai nostri confini, e facendoci morire di Rai Fiction e di "Sotto il sole di Riccione".


di Donny Brown


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